Quando parliamo di adolescenza, pensiamo ad un periodo della vita durante il quale si avverte una forte spinta a sperimentarsi fuori dall’ambito familiare, a trovare un proprio posto nella società, in una continua tensione tra dipendenza e bisogni di autonomia. L’adolescenza costituisce un passaggio importante tra passato e futuro, durante il quale i ragazzi guardano avanti con le proprie aspirazioni, gusti, stili di vita e allo stesso tempo si voltano indietro verso la propria storia con il loro bagaglio. A volte invece, l’incertezza sulla propria capacità di affrontare i nuovi compiti evolutivi può essere vissuta dall’adolescente con un senso di profonda solitudine e disagio nei diversi contesti di vita.
Nel ritiro sociale i ragazzi sembrano infatti rinunciare al piacere della scoperta e della sperimentazione nelle relazioni ed il confronto con i pari è vissuto con una certa preoccupazione. Spesso provano un malessere che si manifesta attraverso un ritiro progressivo da tutti i contesti sociali, fino a rinchiudersi nella propria stanza da cui non escono quasi mai o solo quando hanno la certezza di non incontrare conoscenti. La scuola è il primo contesto da cui si allontanano, un luogo vissuto come ostile e da cui fuggire. Questi ragazzi spesso hanno buone competenze cognitive e non manifestano preoccupazione per le prestazioni scolastiche, ma possono vivere con maggiore timore lo sguardo degli altri, percepito come potenzialmente giudicante. Il corpo a corpo con gli altri adolescenti può risultare molto faticoso, se si ritiene di non avere abbastanza strumenti per risultare disinvolti, simpatici, capaci. Il ragazzo, in queste situazioni, vive dunque con difficoltà la sua realtà relazionale e tende a chiudersi in un mondo ideale, provando sentimenti di profonda solitudine, vergogna, impotenza e confusione. La fatica ad interagire con persone e contesti e la ricerca di un mondo immaginario, può essere espressa attraverso una frenetica attività su internet o l’uso di videogiochi. La rete consentendo l’accesso ad una dimensione “senza corpo”, diventa uno strumento di ancoraggio alla realtà senza correre il rischio di sentirsi esposti.
Ma perché questi adolescenti scelgono una soluzione così estrema? Il ritiro sociale rappresenta spesso una soluzione per evitare il confronto con i propri limiti e con la dipendenza dagli altri. L’uso di questa strategia difensiva serve per proteggersi dal contatto con l’altro percepito come potenzialmente richiedente e vincolante. L’adolescente in questi casi vive infatti un timore profondo di essere criticato e ha paura che lo sguardo dell’altro gli restituisca un senso di inadeguatezza avvertito come inaccettabile. Spesso questi ragazzi sono stati bravi bambini, aderenti alle aspettative altrui sul piano della riuscita scolastica e del successo sociale. Con l’irrompere dell’adolescenza si confrontano con la difficoltà ad esprimere diversamente la propria soggettività e non si sentono dotati delle competenze auspicate.
Rifugiarsi lontano da qualsiasi tipo di attività scolastica, amorosa, amicale o sportiva, esprime la paura del fallimento e di fare i conti con la propria fragilità. Il ritiro spesso rappresenta una forma estrema di ribellione ad un modello familiare e sociale sentito allo stesso tempo come eccessivamente competitivo, con standard elevati inconciliabili con le proprie capacità. Per questi ragazzi ritirarsi diventa quindi l’unico modo per anestetizzare la sofferenza e per garantirsi uno spazio personale di sicurezza dalle relazioni.
Il ritiro sociale costituisce una forma di disagio più invisibile rispetto ad altre problematiche adolescenziali e a volte rischia di passare inosservato. Riuscire a cogliere i primi segnali del malessere ed aiutare questi ragazzi a formulare una richiesta di aiuto, può offrire un’opportunità per contattare ed elaborare il proprio dolore e favorire una riapertura alle relazioni.
Dott.ssa Margherita Rosa