Negli ambienti di lavoro si entra spesso a far parte di gruppi più o meno estesi diventando membri di un attività, di un organizzazione o di un’ istituzione. Questa esperienza può essere gratificante, promuovere la creatività e la cooperazione o diventare teatro di conflitti. Le relazioni che si instaurano al lavoro tra le persone e l’organizzazione di cui si fa parte dipendono dagli obiettivi espliciti di quest’ultima, dalle finalità per cui è stata creata, sia dalle emozioni in gioco e dai processi informali ed inconsci, che si svolgono nelle zone d’ombra dell’ambiente di lavoro. Ogni organizzazione lavorativa è costituita sia da una serie di elementi consapevoli come gli obiettivi, la struttura gerarchica, le procedure, i ruoli, che da aspetti impliciti, non dichiarati apparentemente meno rilevanti. Questi ultimi riguardano le emozioni, i pregiudizi ed i bisogni dei lavoratori, che spesso emergono informalmente, nelle pause, tra i corridoi e che gettano luce sul clima sotterraneo che c’è nel gruppo. Tali aspetti hanno a che fare con le dinamiche affettive complesse che si instaurano tra le persone, che a volte sono inerenti anche a tematiche come la rivalità, l’invidia, la perdita del proprio ruolo e che possono rendere pesante il clima lavorativo e sabotare l’efficienza e la produttività.
Nelle organizzazioni si cerca di puntare sulla cooperazione del gruppo al fine di raggiungere determinati obiettivi, spesso non tenendo conto che le persone vivono anche tutta una serie di ansie e di paure correlate all’esperienza gruppale. Il gruppo tende alla collaborazione sulla base di una motivazione costruttiva ed un uso della razionalità, ma sarebbe illusorio pensare che attraverso questi processi vengano eliminate quelle componenti invece più irrazionali e disgreganti. Un’ oscillazione tra questi aspetti è inevitabile poiché da un lato l’organizzazione lavorativa persegue degli obiettivi che vanno verso il cambiamento e l’evoluzione, allo stesso tempo inconsciamente vi resiste, attraverso delle dinamiche che contribuiscono al mantenimento di una situazione di stallo.
Questo avviene perché il cambiamento nell’organizzazione spesso genera ansia non solo per la propria identità personale, ma anche per gli equilibri del gruppo. Spesso questi timori vengono agiti ed emergono indirettamente, attraverso una serie di comportamenti problematici all’interno del gruppo di lavoro. Facciamo l’esempio di una piccola azienda in espansione che sta incorporando nuovi settori, all’interno della quale si comincia ad osservare un maggiore assenteismo tra i dipendenti ed un peggioramento dei risultati. Dietro questi comportamenti potrebbe esserci una reazione depressiva ed una crisi di appartenenza delle persone che sono rimaste a lavorare all’interno di settori destinati a diventare più marginali. Probabilmente questi vissuti non hanno trovato possibilità di espressione nel gruppo e sono stati messi in atto attraverso delle inconsapevoli operazioni di sabotaggio, a discapito del lavoro del nuovo personale acquisito.
Ma come è possibile affrontare queste dinamiche complesse quando si è immersi nel clima emotivo di un organizzazione? Può essere di aiuto ripensare al rapporto reciproco che l’individuo instaura con il gruppo. Ciascuno infatti all’interno di esso costituisce un nodo di una rete, nella quale l’elaborazione individuale dell’esperienza contribuisce contemporaneamente anche a quella degli altri e viceversa. Il senso che viene dato a quello che avviene tra sé ed i colleghi, costituisce quindi anche un opportunità per il gruppo stesso, che si può riorganizzare ed esprimere diversamente attraverso i contributi dei singoli. Nella suddetta azienda, se la paura della perdita vissuta dai lavoratori appartenenti alla organizzazione originaria, potesse essere riconosciuta ed espressa anche solo da qualcuno nel gruppo ,si potrebbe comprendere meglio ciò che l’ampliamento aziendale ha significato per i lavoratori a livello più profondo.
Per superare la resistenza al cambiamento diventa quindi importante negli ambienti di lavoro prendere atto delle emozioni disturbanti, invece che negarle per raggiungere gli obiettivi razionali come spesso si aspetta l’organizzazione. In questo modo i vissuti possono essere rielaborati affinché non ostacolino il lavoro comune, ma diventino un’opportunità per modificare il clima del gruppo e migliorare le strategie organizzative.
Dott.ssa Angela de Figueiredo