L’interesse per quello che oggi definiamo inconscio ha radici antiche e attinge agli interrogativi sugli aspetti più misteriosi della mente. Questo territorio contraddittorio ed affascinante è stato affrontato in passato da diversi filosofi, ma fu Sigmund Freud che verso la fine dell’ 800 con la nascita della psicoanalisi, propose una teoria sistematica dell’inconscio. Egli indagò i processi profondi della psiche, che emergevano attraverso delle manifestazioni indirette come i sogni, gli atti mancati, i lapsus, o i sintomi. Per Freud i fenomeni inconsci avevano a che fare con delle rappresentazioni legate a precoci esperienze infantili, che inconsapevolmente attraverso il meccanismo della rimozione, venivano tenute lontane dalla coscienza perché fonte di conflitto.
La concezione attuale dell’inconscio deve molto alle intuizioni freudiane, rielaborate dalle successive teorie psicoanalitiche, ma anche alle più recenti scoperte provenienti dalle neuroscienze e dalle scienze cognitive. Negli ultimi anni per esempio si è molto dibattuto sull’importanza di un inconscio diverso da quello freudiano cosiddetto “dinamico”. Questo altro tipo di attività inconscia, chiamata anche “procedurale”, non è legata strettamente ai ricordi passati ed alla rimozione, ma riguarda una modalità di fare esperienza meno simbolizzabile, che esprime inconsapevolmente degli aspetti importanti di sé stessi. Essa ha a che fare con una serie di processi impliciti ed affettivi presenti nella quotidianità, che non possono essere tradotti in parole. Per esempio il tipo di sguardo che si ha verso un altro, il tono di voce, il modo in cui si fa capire ad un interlocutore indirettamente che non si condivide o che ci piace quello che dice .
Oltre questo aspetto è stata maggiormente valorizzata la natura profondamente relazionale dell’inconscio. In particolar modo dagli studi dell’ Infant Research sulla coppia madre- bambino, è emerso come entrambi i membri in un’interazione siano coinvolti in una sorta di “danza intersoggettiva” nella quale le comunicazioni implicite di ognuno sono in un rapporto reciproco con quelle dell’altro. Sono diventati importanti concetti come mutualità, circolarità, reciprocità della relazione. A partire da questa prospettiva il processo della comunicazione inconscia coinvolge simultaneamente i membri di un interazione, per cui diventa difficile distinguere gli aspetti che appartengono solo all’uno o all’altro. In tal senso la comprensione a livello profondo di quello che accade in una relazione, non può essere concettualizzata in maniera lineare secondo una logica di causa ed effetto.
Anche se a partire da Freud si è compreso sempre meglio il funzionamento inconscio, esso rimane ancora un fenomeno nebuloso, complesso che ci richiede continuamente di scardinare certezze, sollevando dubbi, contraddizioni, alternando le logiche di senso. Come afferma lo psicoanalista Donnel Stern “ l’inconscio è come una figura che emerge dalla fitta nebbia. Ci sono i contorni é vero, ma rimane sbiadita. Potrebbe essere una persona… potrebbe essere anche un orso … ma non potrebbe essere in alcun modo un elefante…”
Dott.ssa Angela de Figueiredo