Non solo dal corpo nasce la fame e non solo per il corpo si assume cibo. Mangiare, l’atto apparentemente più naturale che accompagna la nostra quotidianità è carico di significati, aspettative, ricordi. Sin dalla nascita il nutrimento è infatti intrecciato con le emozioni e le esperienze relazionali. E’ attraverso l’alimentazione che si sviluppa la relazione con i genitori e nel dare e ricevere il nutrimento nasce un legame affettivo. Con la richiesta del latte il bambino cerca l’altro, il suono della sua voce, lo sguardo, l‘odore, soddisfando anche quel bisogno di cure e vicinanza. Crescendo si sperimenta sempre più autonomamente con il cibo, lo afferra con le mani, scopre gusti e sapori nuovi, esplicita le sue preferenze, familiarizzando anche con alimenti poco graditi. Alimentarsi diventa così un momento di scoperta, di sperimentazione di sé che va oltre l’aspetto fisiologico della nutrizione.
Lo sviluppo non segue un andamento lineare, si attraversano anche periodi difficili e il rapporto con il cibo può modificarsi diventando critico. Pensiamo allo svezzamento e alla fatica di passare a nuove abitudini, dalla suzione al cucchiaio, dall’essere tenuto tra le braccia al seggiolone. La scuola ed il rapporto con i coetanei segnano nuovi transiti e la condivisione dei pasti confronta il bambino con pietanze mai provate, insieme a nuove relazioni e appartenenze. Alcuni bambini si limitano a mangiare solamente alcuni cibi, evitandone altri non graditi o non riconosciuti come familiari. A volte ci può essere un vero e proprio rifiuto per la maggior parte del cibo ma anche all’opposto un bisogno eccessivo. Spesso tali comportamenti sono transitori ma a volte diventano ricorrenti e costituiscono un segnale che il bambino sta attraversando dei passaggi difficili. Possono essere legati ad un cambiamento nella sua vita, come l’arrivo di un fratellino, delle difficoltà a scuola , una situazione tesa in casa. Durante questi periodi si modifica spesso anche il sonno, come lo studio, o i rapporti con gli altri. Se tale alterazione diventa costante potrebbe far pensare all’insorgenza di una problematica alimentare, destando preoccupazione e conflitti con i genitori e trasformando il momento del pasto in teatro di scontro.
Ma cosa si cela dietro tale atteggiamento del bambino? Questo potrebbe essere solo l’aspetto più evidente di una sofferenza emotiva e relazionale più profonda, un segno che rivela quanto sia difficile mettere in parole aspetti del proprio mondo interno. Il modo di mangiare risente infatti di questioni complesse, legate a come ci si sente e ci si difende dagli eventi spiacevoli, il modo di vivere le relazioni. Il cibo potrebbe costituire infatti il terreno attraverso cui il bambino esprime inconsciamente una fatica rispetto ai dei cambiamenti che sta affrontando. Attraverso il corpo il problema alimentare si veicola un messaggio da decifrare. Soprattutto durante l’infanzia con il corpo vengono comunicati implicitamente bisogni, aspettative, stati d’animo. L’alimentazione infatti è fortemente collegata alle emozioni e spesso nei bambini rabbia, frustrazione, piacere si confondono con fame e sazietà. Crescendo il teatro del corpo lascia invece sempre più spazio al linguaggio ed ad una consapevolezza maggiore delle proprie emozioni. Ma per i bambini rifiutare di alimentarsi o mangiare troppo possono essere ancora dei modi inconsapevoli di comunicare delle difficoltà. Il cibo, se da un lato se condensa un vissuto che non trova espressione, allo stesso tempo costuisce una finestra nascosta che permette di portare alla luce l’esperienza del bambino.
Dott.ssa Margherita Rosa
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