Come dimenticare i personaggi di Alex il drugo nel film “Arancia Meccanica”di Stanley Kubrick e di Hannibal Lecter nel “Silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme? Due ritratti magistrali di personalità complesse, al confine tra criminalità e psicopatologia. I comportamenti antisociali caratterizzano infatti le vite di entrambi dominate da violenze, inganni, violazione delle norme sociali. Se dovessimo fare una diagnosi di questi due individui, potremmo ritrovare in Alex le tracce di un disturbo antisociale di personalità , mentre la follia fredda del Dott. Lecter sembra ricalcare il ritratto di molti psicopatici. Anche se queste due problematiche differiscono per alcuni aspetti, entrambe sono accomunate da una ricerca di potere, un predominio dell’azione, la mancanza di rimorso, l’utilizzo della violenza e della manipolazione.
Quest’ultimo aspetto in particolare, si evince dalle prime battute del Silenzio degli Innocenti, in cui il Dt Dott. Lecter accetta di collaborare con l’agente Starling per ricavarne un tornaconto, esercitando su di lei un dominio psicologico. Cosi le dice “se ti aiuto Clarice anche noi faremo un accordo, io ti dico delle cose tu mi dici delle cose ,non però su questo caso ma solo su di te. Quid pro quod, sì o no” e le ricorda “ non mentire che me ne accorgerò” . Tutto rientra in una tattica, attraverso la quale Lecter si pone inizialmente come persecutore, poi come mentore e confessore dell’ investigatrice, intuendone la rabbiosa ambizione e la volontà di gettare la maschera che indossa. Il bisogno di dominare l’altro è un aspetto che emerge presto anche nella vita del giovane Alex, il drugo in Arancia Meccanica. Egli è dedito a comportamenti violenti e criminosi, in assenza di empatia verso le vittime ed incapace di provare vergogna e senso di colpa. Manca di lealtà anche nei confronti del suo gruppo che sfrutta per raggiungere i propri scopi, essendo abile nel manipolare gli altri e nel mascherare i propri intenti. Allo stesso modo l’antisociale attraverso questi mezzi cerca di esercitare il potere , controllando la relazione per difendersi inconsapevolmente dalla vergogna e da altri vissuti dolorosi.
Queste persone fanno fatica a riconoscere le emozioni, poiché le associano alla debolezza e alla vulnerabilità. Spesso infatti nelle loro storie si rintraccia l’assenza di figure di attaccamento che potessero aiutarli a tradurre in parole le esperienze spiacevoli, con le quali identificarsi nella capacità di elaborare le emozioni. Gli atti aggressivi e sadici servono infatti per ridurre gli stati dolorosi e mantenere un senso di sé e l’autostima. L’esperienza relazionale interiorizzata sembra fondata quindi su un rapporto di tipo predatorio, in cui il valore degli altri si riduce alla loro utilità, ricercando una gratificazione personale prima di tutto. Questi aspetti rendono difficile riabilitare e curare questo tipo di personalità, spesso coinvolte in atti criminosi, con la necessità di mettere a punto delle strutture specifiche , al confine tra il sistema sanitario e penale.
Ed è proprio sulla questione del trattamento dei comportamenti violenti ed antisociali, che il film Arancia Meccanica ci fa riflettere. Infatti la terribile cura “Ludovico” alla quale viene sottoposto coattivamente Alex, se dapprima trasforma apparentemente il suo comportamento, alla fine non riesce veramente a cambiarne la natura violenta. Quale tipologia di trattamento allora, non solo repressiva, può aiutare queste persone a ricorrere al linguaggio e non all’azione, evitando la messa in atto di comportamenti violenti e manipolatori? Se la capacità di empatia e la coscienza morale sono molto fragili, anche la cura stessa può essere sottoposta alla falsificazione e alla menzogna, minando alla base la collaborazione al trattamento. Mi viene in mente a tale proposito il caso del criminale Angelo Izzo, uno degli autori del delitto del Circeo, affetto da disturbo antisociale. Egli riuscì a convincere gli psicologi e il sistema carcerario di essere veramente cambiato , diventando un detenuto modello, ma durante la semilibertà uccise nuovamente altre due donne dopo averle violentate, affermando durante il processo “per me era un problema, non vedevo l’ora di levarmela dalle scatole. Scusate, ma questo era il mio stato d’animo”.
A partire da questi esiti tragici, si pone la necessità di ricercare interventi adeguati, attraverso l’ integrazione di misure contenitive e di strumenti terapeutici che possano favorire un cambiamento profondo della personalità e la reintegrazione nel tessuto sociale. Diventa allora significativo nella psicoterapia con questo tipo di pazienti , considerare il minore ricorso all’ azione distruttiva e lo sviluppo di una certa consapevolezza emotiva un importante obiettivo terapeutico, al fine di favorire un passaggio dall’uso manipolativo delle parole a mezzo di espressione di sé. Va comunque tenuto conto che la psicoterapia spesso non è richiesta spontaneamente dalla persona, ma viene iniziata all’interno di programmi riabilitativi prescritti per crimini o violazione di norme sociali . Ma a volte l’antisocialità è più invisibile, come sottolinea Kubrik nel finale amaro del suo film. Egli vuol farci riflettere su come nella società stessa alberghino forme più sottili di violenza, che nelle sue zone di potere operano legalmente attraverso il raggiro e l’intimidazione. Per non incorrere in visioni pessimistiche, diventa allora fondamentale investire nella prevenzione , sostenendo forme di relazione che fanno leva sulla condivisione ed elaborazione dei sentimenti, piuttosto che sulla prevaricazione.
Dott.ssa Angela de Figueiredo