Quel formicolio improvviso, la sensazione di capogiro , uno strano indolenzimento all’addome e se fossi malato? Il dubbio sulla salute dell’ ipocondria, carica l’esperienza personale di preoccupazione. La paura di stare male si insinua velocemente a partire da alcuni segnali fisici, spesso poco chiari. Dolori vaghi nutrono i dubbi ipocondriaci, che diventando sempre più persistenti ed ossessionanti. Ci si controlla frequentemente il corpo, con autopalpazioni e descrizioni minuziose agli altri delle proprie osservazioni, per trovare risposte che possano sfatare i propri dubbi. Ne derivano o una serie di indagini mediche senza nessun riscontro o si evitano accertamenti che evidenzierebbero l’infondatezza delle preoccupazioni. Si è sempre più preoccupati di essere malati e anche se il medico dà una risposta esaustiva che esclude il rischio di una qualche patologia, la consolazione dura poco e l’incertezza ritorna con prepotenza. Perché il dubbio dell’ipocondria non è solo un timore sulla salute, che ha a che fare con la paura della malattia e della morte.
Tale incertezza sul proprio corpo spesso nasconde conflitti più profondi, che emergono attraverso la fisicità ma che parlano di altre insicurezze, più nascoste e meno accessibili. La paura dell’ipocondria rimanda ai timori legati all’infanzia, quando il corpo sembrava un territorio misterioso e la malattia qualcosa di inquietante. Come se si tornasse bambini, sentendosi inermi e spaesati in preda agli assalti della febbre. Quando parliamo di corpo lo intendiamo come un aspetto della nostra identità, del proprio modo di essere e relazionarsi. L’ipocondriaco in questo senso è come se si percepisse in esilio dalla propria fisicità, ritrovandosi in un corpo indecifrabile, incerto, messaggero di oscuri presagi. Da bambini c’era qualcuno che con una parola o un gesto, poteva calmare quel terrore irrazionale dell’ignoto, dell’imponderabile, della morte. In modo simile l’ipocondriaco ricerca ancora una rassicurazione affettiva, dietro l’aspettativa di prove tangibili che scaccino i fantasmi della perdita. Si vorrebbe accanto un altro che possa lenire quella sensazione di mancanza e sanare questioni esistenziali rimaste sospese.
Ecco che un tema relazionale spesso si nasconde dietro alla richiesta di rassicurazioni mediche che fungano da ancoraggio e punto fermo. Come nell’opera di Moliere, il suo malato immaginario afferma “infermo e malato come sono, voglio procurarmi un genero e dei parenti medici, per avvalermi di buone difese contro la mia malattia, avere nella mia famiglia la fonte dei rimedi che mi sono necessari, anche per consulti e ricette”. Eppure l’ipocondriaco non trova quasi mai sollievo ai suoi tormenti attraverso gli altri. E’ come se il bisogno di sostegno assoluto che c’è dietro ai suoi dubbi non potesse essere sanato da nessuno, confermando la sensazione di non poter essere veramente capiti come si vorrebbe. Allo stesso tempo poi ci si chiude in una posizione solipsistica, assaliti da mille timori e dalla paura di non farcela. Il linguaggio del corpo nell’ ipocondria e nei disturbi di somatizzazione ci riporta in fondo alla nostra fragilità, a paure sotterrane che non trovano parole per esprimersi. La fisicità evoca nodi esistenziali rispetto a cui si vorrebbero risposte certe, da sciogliere con verità rassicuranti. Eppure l’incertezza e il limite che ci rimanda il corpo non possono essere eliminati attraverso azioni concrete o cure risolutive perché rimandano aspetti della propria identità e della storia personale che vanno di volta in volta riattraversate ed elaborate.
Dott.ssa Angela de Figueiredo
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