“Uno nessuno e centomila” il famoso romanzo di Pirandello, metteva in luce domande fondamentali sull’individuo e sul concetto di identità. Interrogativi che hanno attraversato i mutamenti storici, declinandosi in diverse prospettive. La personalità è composta da una molteplicità di elementi o è espressione di una coerenza unitaria? “Io conosco Tizio, ma lo conoscete anche voi. Certo quello che conoscete voi non è quello che conosco io, perché ognuno gli dà a suo modo una realtà… E anche Tizio ha per sé stesso tante realtà per quanti di noi conosce, nell’illusione di essere uno per tutti”. Con queste parole Pirandello dava voce nel suo libro al personaggio di Vitangelo (Gengé) Moscarda. Il protagonista convive con varie versioni di sé, a seconda di ciò che gli altri colgono di lui, disgregandosi in opposte e contraddittorie identificazioni. L’idea che l’identità sia un prisma di specchi frammentati era infatti cara al primo 900. Come diceva Pessoa, altro autore contemporaneo di Pirandello: “Dio non ha unità, come potei averla io?”. I vari riferimenti del panorama culturale rimandavano all’idea che c’è uno sconosciuto dentro di noi, in balìa dell’incertezza, la cui identità è molteplice in risposta ad una realtà caotica.
Nel corso del tempo la riflessione su “chi sono io” ha abbracciato altre prospettive, distaccandosi dall’idea che l’identità si sviluppi attraverso un insieme di elementi dissonanti. Nel panorama psicoanalitico attuale infatti ritroviamo l’idea di un soggetto unitario che tende alla coerenza in linea con il concetto di sistema complesso mutuata dalla biologia. Allo stesso tempo coesistono altre teorie, nelle quali invece la personalità viene concepita come una molteplicità di configurazioni e stati diversi e distinti tra loro. L’esperienza di essere sé stessi in questo caso deriva dalla coabitazione di realtà differenti, arrivando a sentirsi “uno in molti”. Questa prospettiva differisce da quella in cui l’identità è pensata come un’unità, dotata di un modo soggettivo e coerente di dare senso ed interpretare la realtà, passibile di trasformazioni nel corso della vita verso una sempre maggiore complessità. Il soggetto infatti tende da un lato a voler mantenere una certa stabilità, una fedeltà ai valori ed aspettative attraverso i quali si è costituito. Dall’altra però l’identità tende anche alla trasformazione, attraverso l’apertura agli stimoli che le situazioni e l’esistenza presentano, in una costante tensione dialettica tra equilibrio e desiderio di cambiamento.
Dunque siamo una molteplicità di aspetti diversi o un sistema unitario in continua trasformazione? Questa domanda non sembra avere una risposta semplice né definitiva, poiché qualsiasi presupposto o teoria abbracciamo è una lente, una griglia parziale attraverso cui cercare di leggere e spiegare la complessità del soggetto. Un comune denominatore su cui riflettere è anche la centralità delle relazioni attraverso cui costruiamo la nostra identità. Nel rapportarsi agli altri da una parte ci si adatta all’ambiente, aprendo le porte a ciò che è diverso, plasmandosi nelle dissonanze e levigando i mattoni della propria individualità. Dall’altra attraverso questo confronto prendiamo le distanze anche da ciò che non ci risuona, rinsaldando confini e significati personali. Nello sviluppo della propria identità quindi è anche attraverso l’altro che si può esprimere stessi, ognuno nella propria singolare configurazione.
Dott.ssa Anna Consuelo Cerichelli
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