La pelle come terra di confine

I confini segnano territori ed evocano immagini di limiti e di separazioni, ma anche di passaggi e di relazioni. Tra  i tanti confini di cui facciamo esperienza troviamo la pelle. Oltre ad essere un involucro visibile che avvolge, protegge il corpo e lo separa dall’ambiente, la pelle rappresenta anche un confine psichico ed è fortemente coinvolta nel rapporto con gli altri. La pelle ha infatti un valore strettamente legato all’essere in relazione, permettendo di entrare in contatto  e allo stesso tempo di differenziarsi. Basti pensare che la prima cosa che il neonato sente quando nasce è il contatto con il corpo materno. Attraverso la pelle avvengono molti scambi affettivi tra il bambino e  chi si prende cura di lui, come le carezze, i baci e  gli abbracci. E’ nel contatto pelle a pelle che il bambino inizia a definirsi e a fare le sue le esperienze di conoscenza del mondo esterno.  Con questi primi scambi tattili, viene regolato lo sviluppo delle relazioni e si contribuisce a creare la propria identità.

Come sulla superficie trasparente del mare, sulla pelle si riflettono alcune caratteristiche personali e la propria condizione psicofisica. Attraverso cambiamenti anche minimi come il rossore, il pallore, la sudorazione della pelle, comunichiamo sensazioni, emozioni e conflitti. Il confine della pelle riveste dunque una duplice funzione psichica, di protezione e di scambio nell’interazione con l’altro. Quando però si ha una difficoltà a regolare i confini tra sé e gli altri, la pelle non rappresenta più un confine permeabile, ma può essere paragonata  ad un filtro troppo spesso o troppo sottile.  In questi casi sembra difficile modulare  la distanza e la vicinanza nella relazione, per cui  ci si  può chiudere al contatto o al contrario si finisce con il confondersi con l’altro,  annullando le differenze.

Alcune patologie della pelle per esempio, possono rappresentare proprio questa difficoltà di regolazione dei confini,  come ad esempio la psoriasi.  Questa è una malattia infiammatoria in cui la componente psichica può giocare un ruolo importante. La psoriasi si manifesta sulla pelle in varianti diverse, generalmente  sotto forma di chiazze e placche rosse ricoperte da squame biancastre.  Può comparire  in varie parti del corpo, come gomiti, mani, cuoio capelluto, ginocchia. Nella psoriasi è come se il confine della pelle si trasformasse in quei punti in una corazza dura e fragile allo stesso tempo. Possiamo  interpretare  queste lesioni sulla pelle anche come ferite della psiche, aree in cui la persona  sentendosi fragile, erige una barriera per ridurre gli scambi nella relazione, avvertiti come pericolosi, per paura del confronto. La psoriasi potrebbe esprimere  un conflitto tra il desiderio di mettersi in gioco e il  timore di sentirsi invasi o di non riuscire a preservare il proprio spazio.

In questi casi ci potrebbe essere una difficoltà ad esternare e condividere i propri vissuti e ad entrare in contatto profondo con gli altri, cosi le emozioni prendono  la strada del corpo e   affiorano sulla pelle sotto forma di  infiammazioni. Come altre malattie della pelle, può avere una notevole risonanza, soprattutto nelle forme più estese o nei casi in cui le lesioni si trovano in zone del corpo esposte alla vista degli altri. Chi ne soffre  può sentirsi giudicato e sperimentare spesso ansia, depressione o un senso di vergogna. Le malattie della pelle possono quindi essere considerate anche come dei sintomi, che esprimono attraverso il corpo conflitti che la persona non riesce ad elaborare. La pelle costituisce uno scenario complesso, dove il somatico e lo psichico si intrecciano costantemente tra loro. Attraverso questa terra di confine a volte truccata, tatuata, coperta o nuda, parliamo anche di noi e di come stiamo in relazione con gli altri.

Dott.ssa Margherita Rosa

 

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