Con il termine funzione paterna o materna, ci riferiamo ad un processo mentale che si attiva attraverso il desiderio e il progetto di avere un figlio e nella relazione con il bambino. Queste funzioni comprendono la capacità di pensare e sostenere affettivamente la crescita di un figlio e si trasformano nel corso della vita. Se la funzione materna coincide maggiormente con i significati di accudimento e protezione, la funzione paterna fa più riferimento al senso del limite e dell’autonomia. E’ importante notare che nella realtà attuale le differenze tra funzione paterna e materna non dipendono necessariamente dal genere maschile e femminile e possono essere svolte in modo intercambiabile da entrambi i genitori. Ripensare oggi al valore della funzione paterna significa anche tener conto del contesto sociale in cui viviamo e dei profondi cambiamenti che hanno comportato una progressiva modificazione nel modo di interpretare ruoli e funzioni genitoriali. Mentre un tempo alla figura paterna era i socialmente attribuito un potere indiscutibile nel trasmettere regole e valori, i padri oggi sono alla ricerca di un diverso riconoscimento della propria funzione e di nuovi modi di svolgere il proprio ruolo.
Ma come si declina la funzione paterna nel processo di crescita psicologica del bambino? Già alla nascita del figlio la presenza della figura paterna (o di chi ne fa le veci) come “altro” rispetto alla madre, consente al bambino di percepire l’esistenza di un terzo, di un’altra realtà al di là della relazione esclusiva con la mamma. E’ stato osservato che il neonato si relaziona in modo diverso con i due genitori riconoscendone le differenze. Percepire la diversità fra il padre e la madre può aiutare il figlio ad aprirsi all’esterno ed a rapportarsi con ciò che è diverso da sé. Attraverso la funzione paterna il bambino viene accompagnato durante il processo evolutivo nella sua spinta verso l’autonomia ed a confrontarsi con le delusioni ed i fallimenti della crescita. Durante l’adolescenza questa funzione sostiene la graduale emancipazione del figlio dal nucleo familiare e il suo bisogno di individuarsi , aiutandolo a comprendere i limiti oltre i quali può essere rischioso spingersi. Inoltre favorisce lo sviluppo nel ragazzo di quel senso di responsabilità indispensabile per affrontare la realtà.
La funzione paterna evolve e si trasforma nel corso della vita, e può andare incontro a periodi critici legati a snodi specifici della crescita del figlio o della vita familiare e della storia personale. A volte i padri possono trovarsi alle prese con alcune difficoltà nell’appropriarsi della propria funzione e nel coinvolgersi nella relazione con il figlio. In alcuni casi il padre può trovarsi infatti ad occupare una posizione più periferica rispetto alla madre, in uno o più momenti dello sviluppo del bambino. Pensiamo per esempio alla difficoltà che può sperimentare nell’alternarsi con la madre nelle cure del figlio quando è piccolo o nel confrontarsi apertamente e in uno scambio alla pari con lui durante l’adolescenza. La percezione della propria marginalità può accompagnarsi ad un vissuto di impotenza nel ritagliarsi un suo spazio o di esclusione dall’intima e intensa relazione tra la madre e il figlio. Queste difficoltà nella funzione paterna a volte sono espressione di una delega alla funzione materna della maggior parte degli aspetti educativi, ma sono anche complementari ad un bisogno materno di gestione globale dei figli.
Possiamo quindi considerare lo sviluppo della funzione paterna in rapporto reciproco alla funzione materna e alla fiducia da parte della madre verso le cure del padre. Inoltre interrogarsi sulla propria funzione genitoriale permette di poterla vivere diversamente ed avviare delle trasformazioni. La nascita e lo sviluppo della funzione paterna è quindi un cantiere sempre aperto, che richiede un continuo lavoro di integrazione e di risignificazione in rapporto alla funzione materna, alla relazione con il figlio e alle esperienze a volte difficili che la vita propone.
Dott.ssa Margherita Rosa