L’espansione dell’intelligenza artificiale solleva diverse questioni e mentre la tecnologia avanza, questo tipo di sistema si diffonde in diversi campi, dalla medicina al mercato azionario, come in pubblicità. Costruttori di automi si stanno affacciando alla ribalta con nuovi bagagli di conoscenze ma con il sogno di sempre : creare macchine coscienti, in grado di percepire e comportarsi come uomini. Proprio negli ultimi anni ha destato scalpore il modello di linguaggio denominato GPT, che generando racconti dialoga fluentemente quasi come fosse un essere umano. Lo studio di strumenti intelligenti accompagna la storia del novecento, fino alla costruzione sistemi come l’intelligenza artificiale, che possono processare una mole inverosimile di dati, fornendo prestazioni migliori dell’uomo . Ma eseguire complesse elaborazioni di dati non significa però esserne coscienti . La domanda viene allora spontanea: potrà mai un sistema di intelligenza artificiale avere una coscienza? Nella letteratura e nei film di fantascienza spesso gli esseri artificiali ne sono dotati . Per citare solo un esempio ricordiamo Hal 9000, il computer senziente del film 2001:Odissea nello spazio di Stanley Kubrik.
Diversa dalla fantasia è però la realtà delle cose. Se la coscienza fosse solo una proprietà di un complesso sistema di elaborazione delle informazioni che replica il cervello, dovremmo aver potuto creare già un robot con una coscienza primitiva, data la sofisticazione dell’attuale tecnologia informatica e delle conoscenze neuroscientifiche. Il fatto che non sappiamo nemmeno da dove cominciare per progettare un robot con sentimenti e coscienza, ci rivela che abbiamo a che fare con un altro ordine di fenomeni, diversi dalla realtà materiale. Anche le neuroscienze fanno i conti con la difficolta di oggettivare la coscienza , tanto che le recenti scoperte sui meccanismi neurologici non ha ancora offerto ai costruttori di macchine pensanti, soluzioni dirimenti per replicare la percezione cosciente. Alcune teorie della fisica quantistica affermano che la coscienza non può essere localizzata nel cervello, ma emerge come un unità diffusa a partire da campi di energia che vibrano o si propagano per onde. Anche se questa teoria permette di superate le difficoltà di ricerca dei correlati neuronali , lascia però ancora intatto il mistero della coscienza.
Considerando la questione dal punto di vista fenomenologico, il processo cosciente è inestricabilmente legato a un sé che fa esperienza della realtà e all’ intenzionalità dell’ esperienza soggettiva. Questo implica l’esistenza di un soggetto unitario in grado di cogliersi, dotato di valori ed emozioni , profondamente diverso da robot o tecnologie che riproducono comportamenti umani senza farne esperienza. La coscienza soggettiva inoltre non nasce isolata, ma si forma e si trasforma attraverso le relazioni con altre menti pensanti , emergendo attraverso la matrice interpersonale . In tal senso gli stati di coscienza di un individuo si evolvono grazie alla cooperazione con altri individui e si configurano come un processo, un evento relazionale . Queste qualità della coscienza umana rendono molto difficile riuscire ad inventare delle macchine dotate di una coscienza artificiale. Allo stesso tempo si continua ad inseguire il sogno di un artefatto in grado dire “io esisto”, come simbolo di progresso . Disponiamo di mezzi sempre più tecnologici capaci di sostituirci , apprezzando che ci aiutano in diverse funzioni. Cosi possiamo delegare a sistemi come l’intelligenza artificiale una serie di attività, affinché vengano gestite autonomamente. Da un lato questo ci permette di essere più efficenti , di automatizzare una serie di processi, risolvendo numerose criticità.
Ma fino a che punto sarebbe utile per l’uomo costruire una macchina con una funzione cosciente, in grado di prendere decisioni al posto nostro Quale futuro potremmo immaginare per la società? La fantascienza ci ha aiutato a rappresentare le paure più profonde collegate a questa ipotesi, disegnando scenari apocalittici, in cui la macchina arriva a sovrastare l’essere umano. Cosi gli androidi dotati di emozioni nel film Blade Runner di Ridley Scott, finiscono con ribellarsi ai loro creatori umani, desiderando vivere finalmente di vita propria, aprendo confini indistinti tra l’uomo e la macchina di difficile gestione. Ecco allora che le strategie di sviluppo e innovazione si mescolano con gli interrogativi sui rischi e le implicazioni etiche . Probabilmente resterà ancora vivo il sogno di riuscire a generare replicanti meccanici coscienti ,poiché rappresenta una nostra proiezione carica di aspettative onnipotenti , ma anche la spinta umana a guardare al futuro, oltre il possibile .
Dott.ssa Angela de Figueiredo
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