Perdere il lavoro al tempo del Coronavirus

Come un fulmine a ciel sereno l’irrompere del Coronavirus ha stravolto i ritmi e le abitudini del vivere quotidiano, generando una sensazione di grande incertezza individuale e collettiva. In questo periodo in molti si confrontano con la paura di perdere il lavoro, possibilità resa concreta dalla difficile situazione.Negli ultimi mesi infatti c’è chi ha continuato a lavorare, anche in smart working, altri invece  si sono trovati da un giorno all’altro nella condizione di subire una riduzione o l’interruzione della propria attività lavorativa, senza avere il tempo di potervi far fronte. In una tale situazione di shock emotivo per un avvenimento imprevisto, le prime reazioni sono state l’incredulità, la confusione, lo spaesamento.  Ci si è ritrovati catapultati in una condizione di disorientamento nella quale le certezze faticosamente raggiunte rischiano di dissolversi sentendosi smarriti. Il primo pensiero va alla mancanza di una fonte sicura di reddito per far fronte alle spese ordinarie e al rischio di povertà. La difficoltà a mantenere l’abituale stile di vita alimenta  inoltre nelle persone un senso di precarietà e fragilità. Non solo si è colti dall’ansia  di non poter far fronte alle responsabilità personali o familiari,  ma ci si ritrova anche a confronto con un senso di vuoto e possono emergere dubbi relativi alle proprie capacità.  Alla paura del venir meno di un progetto esistenziale, si può accompagnare  un sentimento di sfiducia nelle proprie competenze ed aspirazioni.Si può facilmente immaginare l’impatto che può avere la potenziale perdita dell’attività professionale, spesso faticosamente costruita e che occupa una parte consistente del proprio tempo.

Il lavoro, oltre ad essere un diritto, rappresenta una dimensione importante dell’identità delle persone. L’investimento in un progetto lavorativo permette  di contribuire proficuamente al benessere personale, attraverso un senso di autorealizzazione esistenziale e di soddisfazione. Il modo in cui ognuno può reagire  alla precarietà lavorativa varia in base a diversi fattori come l’età, le risorse economiche, le esperienze maturate in passato, la rete di relazioni, ma anche alla lettura soggettiva della situazione. C’è chi si sente ferito per aver vissuto un torto ingiusto e tende a rivolgere la propria rabbia e collera verso l’esterno e chi pur vivendo un’ingiustizia, si addossa tutta la responsabilità provando un  senso di vergogna. Alcuni possono sentirsi spinti ad una ricerca quasi ossessiva di qualsiasi lavoro che possa rassicurarli, minimizzando o negando il rischio di rimanere disoccupati. In questo modo ci si autoprotegge da vissuti  di inadeguatezza, in contraddizione con l’immagine di sé come persone competenti e di valore.  Altre volte si può sperimentare una profonda paura di confrontarsi con la realtà sentendosi impotenti e spaventati di fronte al cambiamento.  Possono prevalere un senso di inutilità e di demotivazione che gradualmente depotenziano le risorse dell’individuo.

Perdere il lavoro può essere un’esperienza molto dolorosa da elaborare, un vero e proprio lutto in cui ci si trova ad affrontare un processo di separazione a più livelli.  La perdita non riguarda solo aspetti concreti legati al reddito, al ruolo professionale, all’ambiente lavorativo, ma può intaccare anche elementi importanti della propria identità. Pensiamo per esempio al senso di autonomia, di autoaffermazione e gratificazione personale e relazionale. Separandosi dal lavoro si può sentire di perdere la soddisfazione di bisogni vitali, e   di faticare ad immaginare delle alternative per rimettersi in gioco. La paura può essere paralizzante tanto da indietreggiare di fronte alla sfida del cambiamento. Cassa integrazione, mobilità, disoccupazione, precarietà e crisi economica sono situazioni che accomunano sempre più spesso l’esperienza di tanti. Ma rischiare di perdere il lavoro improvvisamente come in questo periodo, significa trovarsi a fronteggiare un’emergenza inaspettata con l’incertezza di cosa può riservare il futuro. E’ anche vero  che nella vita  in diversi momenti si affrontano delle perdite, sentendosi privati di qualcosa a cui si era legati. Elaborare una perdita non è facile. Spesso ci vuole del tempo per accettare che qualcosa di importante non c’è più, che la propria realtà è cambiata. Trovarsi di fronte a questa sofferenza, può rivelarsi allo stesso tempo un’esperienza trasformativa, se si riesce a dare un senso  a quello che si sta vivendo, per ripensarsi diversamente. Ecco che allora potrebbero emergere desideri di investire in un nuovo progetto, recuperare passioni e ambizioni sopite, risvegliare  sogni lasciati chiusi in un cassetto.

Dott.ssa Margherita Rosa

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Telegram
Email
Print

ARTICOLI CHE POTREBBERO INTERESSARTI