Nell’arcipelago emotivo della crescita la rabbia nei bambini può arrivare come un’onda improvvisa. A volte è esplosiva, altre volte resta chiusa dentro in silenzio. Ed è proprio attraverso la reazione rabbiosa che il bambino comunica il suo malcontento. Possiamo allora immaginare questa emozione come la punta di un iceberg che cela un senso di frustrazione profonda dei propri desideri e aspettative nella relazione.Ma cos’è che fa arrabbiare un bambino? Le situazioni che possono generare la sua collera sono svariate e cambiano in relazione al periodo evolutivo. Può essere la mancata soddisfazione immediata di un bisogno (come il cibo che arriva più tardi rispetto alla fame), l’impossibilità di fare ciò che si vuole o non sentirsi capiti e ascoltati. La tolleranza alla frustrazione si apprende nel tempo e permette di dare il giusto peso a ciò che accade, facendo leva sul senso di realtà.
Il bambino attraverso gli scambi con i genitori fondati sulla reciprocità e la sintonizzazione affettiva, impara a comprendere e regolare le proprie emozioni. Per mezzo del linguaggio sia implicito (sorriso, pianto, grida) che esplicito, comunica se sente appropriata o meno l’interazione, al fine di raggiungere un equilibrio tra i propri bisogni e quelli degli altri. Attraverso la risposta funzionale del genitore ai segnali emotivi del figlio, questi può sperimentare una regolazione di sé e dell’interazione. A sua volta attraverso la reazione del bambino il genitore può capire come autoregolarsi. Certo i momenti di rottura della sintonizzazione non mancano, ma è proprio nella misura in cui può esserci un’ esperienza di riparazione successiva che il bambino arriva ad interiorizzare una rappresentazione della relazione come spazio sicuro nel quale esprimere le emozioni e gestire il conflitto.
Premesso che ad ogni età i bambini sviluppano le proprie peculiari modalità di comunicare e di opporsi, dai due anni le proteste iniziano a svincolarsi dalle situazioni di bisogno in cui inizialmente sono nate, per essere estese anche ad altre circostanze. L’acquisizione del linguaggio ha un impatto fondamentale sulla capacità del bambino di regolare le emozioni anche spiacevoli. Riconoscendo e comunicando i propri sentimenti nella relazione con i coetanei e altri adulti di riferimento, può ricevere un feedback sulle proprie emozioni e imparare a gestirle. La capacità di rappresentare e dare senso alle esperienze soggettive, oltre che a sviluppare una tolleranza affettiva, consente una crescita della consapevolezza di stati emotivi più complessi e differenziati. Il bambino fa così esperienza che si può sopravvivere alla rabbia più intollerabile, accettando i momenti di insoddisfazione.
Poiché la regolazione emotiva è un processo reciproco della relazione, è importante considerare anche come i genitori vivono una reazione rabbiosa del figlio. La rabbia infatti sembra essere una delle manifestazioni che li spaventa di più. Spesso possono cercare di evitarla o reagire con altrettanta collera. Quando per il bambino diventa incontenibile ed è eccessivamente agita, il genitore può sperimentare una maggiore difficoltà nell’ascoltare e riflettere su ciò che sta accadendo. In altri casi, se il bambino rivolge la rabbia solo su di sé e non riesce ad esprimerla, può essere difficile cogliere il segnale di un disagio. E’ importante considerare che l’espressione della rabbia rimanda anche alla possibilità di comunicare all’altro un proprio bisogno. Spesso i bambini esprimono la propria frustrazione alle persone a cui si sentono più legate, poiché è proprio da loro che si aspettano di essere accolti e compresi.
Questo apre la possibilità di uno spazio di trattativa per comunicare le rispettive aspettative. La negoziazione reciproca tra genitori e figli, è un modo per cercare di volta in volta un diverso livello di sintonizzazione, attraverso rotture e riparazioni. Restituire un senso alla rabbia può essere allora un tentativo di recupero dei singificati che vi sono dietro, anche quando sono difficili da comprendere. Attraverso questo processo il bambino può fare esperienza della possiiblità di una relativizzazione dei propri bisogni, della tolleranza alla frustrazione, e della apertura alla diversità nella relazione con l’altro.
Dott.ssa Margherita Rosa
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